Gioco di ruolo BDSM/ role play

Questo gioco è stato scritto in collaborazione con lo slave “Giglio”, che ha presentato la miglior storia a seguito di un concorso per gli iscritti alla mia Newsletter.

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Buona Lettura.

I colleghi – role play:

Prima parte di Miss Cleo Domina.

Sei in ufficio e stai cercando di finire un lavoro che devi consegnare entro oggi. Siete rimasti solo tu e la collega per la quale hai sempre nutrito un interesse particolare. Lei si aggira sfacciatamente pigra per la stanza e non puoi fare a meno di notare le sue gambe velate e i bellissimi tacchi che anche oggi indossa.

Ora la tua collega è seduta alla scrivania davanti a te, senza degnarti di uno sguardo. Decidi di provare a chiederle aiuto per completare il lavoro, dopotutto è una scusa plausibile e non capirà mai che è un pretesto per poterle parlare. Lei ti guarda attentamente, sembra studiarti, poi lentamente si avvicina per vedere di cosa si tratta e tu sei già grato solo per la visione di questo movimento. Per osservare lo schermo del tuo computer si è avvicinata abbastanza da consentirti di sentire il suo profumo.

Vieni assalito da uno strano imbarazzo e frettolosamente mostri quello di cui avresti bisogno. Lei guarda l’orologio e poi torna alla sua scrivania senza dire nulla. Si siede comodamente sulla poltrona e ti dice ridendo che potrebbe aiutarti, ma vuole qualcosa in cambio. Pensi sia un gioco e questo ti imbarazza, allora sdrammatizzi la tensione cercando di fare battute simpatiche che fanno ridere solo te.

“Sì, è un gioco”, ti assicura lei, “ma le regole possono essere molto interessanti per entrambi”.

Non capisci a cosa si stia riferendo e ciò ti mette in difficoltà, ma lei non allenta la presa. Ti ricorda che tra non molto sarà ora di andare via e, se preferisci non passare la serata a lavorare, sarà necessario che qualcuno ti aiuti. Ha perfettamente ragione e tu capisci che, oltre a questo, si sta per aprire una possibilità inaspettata. Lei ti aiuterà, ma tu dovrai dimostrare quanto tieni al suo aiuto. Con un semplice gesto del dito ti chiama a sè e tu scatti davanti alla sua scrivania. Ti guarda con supponenza e ti ordina di metterti in ginocchio. Hai un attimo di esitazione: non sai spiegarti come sia possibile, ha capito tutto.

Ora sei in ginocchio e da quella nuova prospettiva capisci che sei nelle sue mani.

Ti guarda intensamente, i patti sono chiari: se vuoi ricevere aiuto, dovrai fare tutto ciò che lei vuole.

“Bacia le mie scarpe”, il primo ordine.

Le sue gambe sono incrociate sotto la scrivania, per arrivare alle scarpe dovrai abbassarti ancora di più. Alzi la testa e per cercare i suoi occhi.

Il suo sguardo ti fa sentire sollevato: non sta scherzando, puoi veramente manifestare la tua vera natura. Ti avvicini alla sua scarpa, la baci e senti di doverla ringraziare. Lei ti infila la punta della scarpa in bocca, ora sei il suo schiavo e devi chiamarla Padrona.

Seconda parte di “Giglio”

Tiene la punta della scarpa in bocca mentre ti guarda con sorriso malizioso, come se sapesse della tua natura, sfila il piede dalla scarpa lasciandotela in bocca, poi un altro ordine:

“Portami il tuo computer e torna al tuo posto”.

Con la punta della scarpa infilata in bocca, le porti il computer e torni sotto la scrivania ed aspettare che lei ci rimetta il piede. Pulisci accuratamente le suole e i tacchi, mentre la collega, già al lavoro sul tuo computer, continua a impartire ordini. Continui trascinando la lingua sopra la tomaia e poi ancora sotto, seguendo i suoi ordini come in un cerimoniale, religiosamente.

Dopo alcuni minuti la collega, ormai Padrona, chiude il computer e si alza.

“Mettimi il cappotto, prendi il computer e andiamo a cena, prendiamo la tua macchina”.

La collega snocciola ordini con placida naturalezza, come si fa con i servi. Una volta alla macchina, la Padrona decide di sedersi dietro e, in silenzio, aspetta che tu le apra la porta come è uso con le persone importanti.

Giunti al ristorante, il rito dell’apertura si rinnova, e arrivati al tavolo fai sedere la Padrona prima di prendere posto. Quando il cameriere si avvicina per prendere le ordinazioni, la Padrona prende la parola: “Un’insalata di mare, un risotto alla pescatora, una frittura e una bottiglia di vino bianco. Lui non mangia, è qui per compagnia. E per pagare il conto”. Il cameriere, un po’ interdetto, ti guarda e l’imbarazzo trascina i tuoi occhi verso il basso. Non appena il cameriere si allontana, lei distende una gamba posando la scarpa sulla tua coscia:

“Massaggiami il piede, schiavo”.

È la prima volta che ti chiama così, e quel suono ti procura un’erezione. Lei se ne avvede e, come se reagisse a una barzelletta particolarmente efficace, scoppia in una risata che fa voltare le persone sedute ai tavoli vicini. Mentre cominci a massaggiarle il piede, si rivolge a te:

“Veniamo a noi, lurido schiavo… D’ora in avanti io sarò la Padrona. Che tu abbia bisogno di me al lavoro o no, quando ti ordinerò qualcosa scatterai, altrimenti dovrai sbrigare le tue faccende da solo il tuo lavoro. E sappiamo bene entrambi che ciò porterà al tuo licenziamento, considerato non sei all’altezza. Chiaro?”.

Tutto ciò che riesci a fare è un cenno con la testa mentre abbassi lo sguardo segretamente felice. Finita la cena, paghi il conto e accompagni la Padrona a casa, dove vieni invitato a salire per finire insieme il lavoro. Una volta chiusa la porta, la aiuti a togliersi il cappotto e sistemi la borsa al suo posto.

Poi l’inferno: “Ti voglio nudo come un verme, muoviti schiavo, e d’ora in avanti stai a quattro zampe come un cane”.

Pronuncia queste parole afferrandoti per i capelli e trascinando la testa ai suoi piedi.

Il desiderio di essere lo schiavo di una collega bellissima e la paura nel non sapere ciò che sarebbe successo si mescolano frastornandoti.

Rimani nudo e la Padrona impugna una frusta che schiocca sulla tua schiena con colpi rapidi e forti, fino a farti implorare per una tregua brevissima: poi i colpi ricominciano a piovere con intensità ancora maggiore.

Quando si ferma, ti mette un collare al quale aggancia un guinzaglio e ti trascina al tavolo del soggiorno ordinandoti di assumere la posizione al di sotto. Sei in piena erezione e la Padrona sorride, felice di avere trovato uno schiavo da addomesticare.

Mentre lavora al computer, il tuo compito è quello di ripulirle di nuovo le scarpe, specie le suole che nel frattempo si erano sporcate.

Poi ti chiede di sdraiarti per farle da poggiapiedi e, mentre porta a termine gli ultimi dettagli, affonda i tacchi su tutto il tuo corpo soffermandosi sadicamente sui testicoli.

“Il lavoro è finito, adesso vai a lavare i piatti in cucina mentre mi preparo per andare a letto. Tu stanotte dormi qui”, sentenzia la Padrona non contemplando la minima alternativa: atteggiamento che ti lascia senza fiato, timoroso al pensiero di quella lunga nottata.

Entrato in cucina, trovi piatti e pentole da lavare e con buona lena ti metti all’opera. Lentamente passano i minuti e, nel silenzio scandito dallo scorrere del rubinetto, schiocca una frustata diretta alla schiena.

La Padrona, infilata in una vestaglia di seta e un paio di décolleté, era dietro di te che aspettava spazientita che finissi di lavare tutto per andare a dormire.

“Ti frusto finché non finisci di pulire, muoviti schiavo!”. La frusta segna la schiena a oltranza, colpendoti mentre sei piegato a quattro zampe davanti a lei. Poi, afferrato il guinzaglio, la Padrona ti conduce in camera da letto e sale con i tacchi sopra il tuo corpo sovrastandoti con un sorriso pieno di malizia e soddisfazione nel sottometterti,  quindi lascia cadere la vestaglia e siede sul letto.

“Toglimi le scarpe, metti i tacchi in bocca e dormi qui così. Quando suona la sveglia, aspetti che mi alzi, mi infili le scarpe e vai a preparare la colazione mentre mi faccio la doccia”.

Fai quanto ordinato, ma ti è impossibile prendere sonno, tali erano la gioia e la paura di essere alla sua più totale mercé.

Suona la sveglia e sei già in posizione per farle indossare le scarpe, cosa che lei fa salendo sul tuo corpo e affondando i tacchi nella tua pancia.

“Buongiorno schiavo, felice di svegliarti così? Con la visione della tua Padrona?”.

La risposta esce in gemito di dolore: “Sì Padrona”. Sincero e felice, avevi meditato tutta la notte e non desideravi che essere il suo schiavo. La Padrona sorride compiaciuta e solleva i tacchi che ancora infilati nella carne, per poi affondarlo di nuovo nella pancia, prima di andare a fare una doccia lasciandoti marchiato e fiero. Tempo di preparare la colazione. Uscita dal bagno, la Padrona si dirige in camera a vestirsi e ti chiama ordinandoti di prendere gli stivali neri che è solita indossare in ufficio: tacco 10, con una punta molto pronunciata, lunghi fino al ginocchio.

Gli stessi stivali per i quali, in ufficio, avevi sempre sbavato e che ora puoi concretamente sperare di ripulire. Stretta in una gonna corta di pelle e una camicia bianca, lascia che le infili gli stivali e ti ordina di sdraiarti davanti allo specchio.

Un passo ed è sopra di te che si rimira cercando di capire se l’abbinamento la soddisfi. Nonostante i tacchi ti procurino un dolore intendo, la Padrona sorride accorgendosi della tua erezione.

“Vediamo se ti piace anche questo…”: così dicendo, ti trafigge i capezzoli con i tacchi facendo inevitabilmente calare l’erezione, ma non l’entusiasmo.”Mentre faccio colazione, puliscimi gli stivali accuratamente”. “Sì, Padrona”.

Ormai non riesci a dire altro.

Ed ecco che ti accingi a vivere il sogno: ripulire gli stivali della collega.

Tiri fuori la lingua e li fai brillare, ma dimentichi le suole e tacchi, cosa di cui la Padrona non manca di accorgersi. La reazione non si fa attendere: impugnata una lunga frusta, inizia a colpirti sulla schiena finché non stramazzi a terra. Con un calcio nella pancia ti fa girare e si lustra le suole sulla tua lingua. 

“Ora infilami il cappotto”, sospira una volta finito.

Arrivati in ufficio, nell’ascensore ti inginocchi a baciarle gli stivali. Poi, seduto alla tua postazione, invii il lavoro che la Padrona aveva fatto al tuo posto al responsabile. Accennandoti con un dito di avvicinarti, allunga un foglio firmato da lei, con accanto uno spazio vuoto dove firmare.

Quel documento ti vincola a essere suo schiavo ogni qualvolta lo desideri, sfruttandoti per pagare pranzi e caffè, oltre a certificare l’elargizione di una parte di stipendio per soddisfare i suoi vizi. Mentre ancora un briciolo di raziocinio ti fa tentennare, lei si alzava dalla scrivania mettendo in mostra gli stivali che ti hanno sempre fatto.

“Firma subito, schiavo!”, ti sussurra appoggiando una mano decisa sulla tua spalla.

“Sì, Padrona”, rispondi con un filo di voce per non farti sentire e, impugnando la penna, metti la firma su quel foglio e sulla tua vita.

La Padrona lo prende  e si rimette a sedere guardandoti negli occhi. “Ora vai al lavoro. Stasera ceni da me, ti insegnerò altre cose”.

Ripiega con cura il foglio e, lasciandolo cadere nella borsa, ti fa cenno di allontanarti.

Una cosa era sicura: con una semplice firma eri diventato uno schiavo a tutti gli effetti e la tua vita non sarebbe stata mai più quella di prima.

Fine

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